Questo filmato è dedicato ai Mitilicoltori, lavoratori del mare, che sfidano tutti i giorni le intemperie per salvare un mestiere, l’allevamento dei frutti del mare, la loro Famiglia ed i buongustai. Il coriaceo lavoratore  Ivo,  protagonista del filmato, continua ad essere presente sulla sua imbarcazione. Nel  2009 è  stato premiato nella manifestazione Mitiliade, a Lerici, per l’attaccamento al lavoro e per non aver lasciato l’attività, malgrado la grande perdita di un  famigliare, che gli è mancato sotto gli occhi.  Forse questo è anche il modo di incontrare chi se ne andato, mentre lavorava con Lui ,  Suo Figlio. In questo modo non ha fermato  la ruota della vita rassegnandosi e chiudendosi nel dolore. La natura lo premiae lo visita scendendo sulla sua imbarcazione in veste di gabbiano, grande passione del suo ragazzo.

L’allevamento e la coltivazione del mitile in vivaio a La Spezia risalgono circa all’anno 1887.Ne furono promotori due illustri biologi naturalisti:- Il professor A. Issel, che nel suo volume “Istruzione, pratiche per la ostricoltura e la mitilicoltura”, pubblicato a Genova nel 1882, indicava il golfo di La Spezia luogo particolarmente adatto per tale molluschicoltura;- Il professor Davide Carazzi del Museo Civico di La Spezia il quale affiancò ed appoggiò il primo ostricoltore e mititlicoltore della zona, Emanuele Albano.

Questo ultimo avendo a sua volta intuito che il nostro Golfo sarebbe stato il luogo adatto all’espandersi della nuova attività, giunse a La Spezia nel 1887 portando con se, dalla natia Taranto, un bagaglio di utili esperienze circa l’allevamento dei molluschi in questione.

I primi tentativi dettero esiti incoraggianti soprattutto per quanto riguardava la coltivazione delle ostriche e nel 1890 l’Albano riuscì, insieme ad illustri spezzini quale lo stesso Carazzi ed il Sotto Prefetto della città Pietro Savio, a costruire la S.a.S. “E. Albano & C.” con capitale sociale di £.18.000.

L’impresa visse quindici anni, tra varie peripizie e ristrettezze, raggiungendo comunque il primato, rispetto a Taranto, per solidità della conchiglia e grossezza degli esemplari, ma franando innesorabilmente sotto il profilo economico.

Intanto, a seguito delle prime positive esperienze compiute dai pionieri della molluschicoltura, altri esponenti dell’industria tarantina si trasferirono nel nostro mare apportando modifiche alle tecniche di coltivazione ed imprimendo nuovi orientamenti ed indirizzi commerciali.

Fu proprio a seguito del contagioso entusiasmo delle famiglie tarantine dei Fago, Martera, D’Ippolito, Papocchia ed altre che, anche spezzini, quali Carozzo, Borio, Guidi, Di Francesco, Godani, Majoli, si dedicarono a questa particolare coltivazione.

Dopo la Prima Guerra Mondiale, mentre la produzione dei mitili aumentava vistosamente ed il relativo consumo si allargava alla gran massa della popolazione, l’ostricoltura toccava l’apice della decadenza per difficoltà tecniche imputabili alla scarsa richiesta del frutto stesso sul mercato, a deficienze produttive ed, in definitiva, al fatto che il prodotto risultava poco remunerativo per il coltivatore.

La più larga diffusione di consumo dei mitili ed il conseguente aumento della richiesta da parte dei consumatori fecero si che le installazioni di nuovi vivai atti esclusivamente a questo tipo di coltivazione si moltiplicassero sia all’interno della diga foranea che all’esterno di essa.

Per esigenze militari si dette la precedenza all’installazione di nuove strutture nella zona che si sviluppava ad est del porto mercantile fino a San Bartolomeo ed ad ovest dello stesso fino a Le Grazie.

Si costruivano nuovi vivai anche a Portovenere e nello specchio d’acqua antistante l’isola Palmaria, mentre solo successivamente vi fu la possibilità di ottenere il permesso anche nelle zone dell’Olivo e Panigaglia.

Fin dal 1920 in Comando in Capo esaminò più volte il problema delle concessioni dei territori da destinarsi alla mitilicoltura e ripetutamente dal 1924 al 1925 tentò di dare agli stessi un più organico assetto tecnico ed amministrativo.

I tentativi risultarono vani poichè sia la suddivisione imposta, che le concessioni si modificarono continuamente nel tempo finchè il Comando di Porto fu costretto a procedere ad una riorganizzazione del settore caduto in piena autarchia.

Dopo la Seconda Guerra Mondiale si costituirono quattro cooperative di mitilicoltori: la “Proletaria”, la “Sociale”, la “Spezzina” e la “Speranza” che si sciolsero in breve tempo a causa dell’evento colerico di Napoli, meno la “Proletaria” che incorporò le altre.

Le ditte concessionarie che ne facevano parte erano per lo più a conduzione familiare, conseguentemente.