Frione: `Allo stadio mi diverto, merito di Di Carlo e della curva senza rete`

La Spezia – “Mi sono proprio divertito contro il Lanciano”. Sì, perché Marco Frione ora riesce anche a vederle le partite. Prima, quando era il lanciacori che si stagliava sopra lo striscione Ultras Spezia 74, al campo dava quasi sempre le spalle. Il volto invece era alla curva Ferrovia e alle 5mila anime che a volte ospitava, almeno in tempi pre-tornelli, di regole sulla sicurezza meno rigide e di entrate in massa dai cancelli.
Lo ha fatto per anni, di dare occhi, voce e cuore a quel muro bianco. Anni in cui in tanti si sono innamorati del settore popolare, anche per merito suo, e che oggi sono lì a portare avanti una storia sopra uno striscione diverso. Marco Frione invece la passione la condivide con suo figlio, ma capisce ancora gli scatti e gli umori della piazza come pochi. Frutto dell’esercizio ripetuto di incanalarne le energie in canto.

Dopo la partita con l’Alessandria, un mese fa, sembrava potesse essere definitivamente rotto il rapporto con la squadra. E invece oggi si respira un’aria fresca.
“La squadra sta interpretando bene quello che vogliono i tifosi: i primi 20 minuti subito arrembanti, un atteggiamento mentale nuovo che in casa non vedevamo da tempo. Si gioca a calcio insomma, e quando vedi una partita di calcio diventa più facile farsi coinvolgere. Dal punto di vista tattico non giochiamo con tanti difensori e anche questo piace… insomma, si vedono i frutti del lavoro di Di Carlo. Su tutto, fisicamente la squadra regge di più, non subisci la corsa degli avversari e questo fa la differenza. La difesa è concentrata, a parte il paio di svarioni contro il Lanciano che potevano costare caro. Ti stai creando delle certezze”.

Bjelica aveva creato un canale di comunicazione diretto con i tifosi, Di Carlo invece è meno legato ai gesti, ma parla soprattutto con il suo lavoro. Due approcci completamente diversi.
“Se uno non vince, poi anche se sei molto aperto con la piazza la comunicazione diventa difficile. Ricordo Bjelica passare in mezzo alla curva dopo un’espulsione: ecco, se ci avesse provato in un periodo nero sarebbe stato meno scontato tutto ciò. Bjelica come persona non è criticabile in ogni caso, almeno per come l’ho visto io dall’esterno. L’uomo sarà sempre benvenuto al Picco, sugli spalti. A livello di campo, eravamo arrivati a un punto in cui la squadra non girava più tra ottobre e novembre scorso”.

Di Carlo è invece meno espansivo a prima vista.
“Mi è capitato di incontrarlo in città in un bar, un saluto per tutti. E’ una persona che da questo punto di vista non punta molto sul lato emotivo. Però lavora, non tiene a capannello magari venti tifosi alla volta a parlare, ma il campo parla e gli sta dando ragione. Questo conta più di tutto il resto per entrare in sintonia con la piazza”.

Come sta la curva? La fase di passaggio tra Ultras Spezia e Curva Ferrovia è ancora in atto?
“No, il trapasso è completato ormai da tempo. Credo che ora vengano fuori i valori delle persone. Quanto canta una curva dipende da chi la gestisce: se uno lo sa fare trova un tipo di risposta, sennò c’è poco calore. E’ un ruolo in cui bisogna sempre imparare dai propri errori. Io ai miei tempi ero molto autocritico quando avevo quel posto in balaustra”.

Un aspetto in cui invece si vede un lavoro importante è quello delle coreografie. Un tempo si diceva che al “Picco” non riuscivano bene perché il tifoso è un po’ di mentalità anarchica.
“Coreografie voto 10. Indubbiamente a livello di organizzazione coreografica c’è precisione e capacità. Da esperienza vissuta anche con mio figlio, effettivamente c’è una squadra di soldatini, ognuno con il suo compito preciso, che funziona molto bene”.

La curva senza rete di divisione ormai da tre mesi: c’era chi temeva intemperanze e invece è un esperimento per adesso riuscito in tutto e per tutto.
“Dico anche che la partita si vede decisamente meglio. Se la squadra attacca, come è successo sabato scorso contro il Lanciano, diventa veramente uno spettacolo essere sui quei gradoni a godersi le azioni. Sembrava forse una cosa da poco, invece la differenza da prima è notevole”.

Il prossimo passo sarà l’abbattimento della Casa del colonnello, più entrate e maggiore facilità di ingresso. Queste le promesse.
“E’ vent’anni che si parla dell’abbattimento, oggi non ha alcun senso vedere quel moncherino sulla strada, oltretutto un ricettacolo di topi e rovi. Per entrare alla partita alle 15 devi arrivare un’ora prima: tra parcheggiare, raggiungere il settore a piedi e fare la fila è un lasso di tempo che ci vuole tutto. Speriamo che con più entrate tutto si possa svolgere più agevolmente in futuro”.

Spezia e Virtus Entella da una parte, Genoa e Sampdoria dall’altra. Rispetto al passato, oggi sembrano le prime due a rappresentare la “Liguria felice” del calcio.
“La potenzialità delle proprietà di Spezia e Entella è notevole, quantomeno in valori assoluti. Noi siamo al top del portafoglio, e siamo lontani da certi atteggiamenti mediatici un po’ sopra le righe. Però ci manca ancora un po’ di cuore, quel pathos che si viveva un tempo con presidenti meno munifici ma più tifosi. Ce li ricordiamo ancora, piangere sugli spalti dopo una sconfitta”.

I play-off sono tornati obiettivo concreto, ma anche replicare la classifica della scorsa stagione non sembra impossibile.
“Se stiamo entrando in forma in questo momento, per me è un ottimo segnale. Il campionato lo decidiamo da ora in poi: tre punti sono tre punti anche a ottobre, ma iniziare a girare ora vuol dire arrivare al momento cruciale nel migliore dei modi. Indipendentemente dai giocatori che scendono in campo, vedo un gruppo che sa quello che deve fare e che segue il mister. Due mesi fa non ci avrei scommesso, invece ora sono fiducioso. Domenica mi sono proprio divertito, e non capita sempre”.

Fonte ” Città Della Spezia”